Prima della CrePaMi, c’era la MiCre (Milano-Cremona), organizzata da La Stazione delle Biciclette (LSDB) nel lontano marzo 2013. La CrePaMi nasce l’anno successivo quando il percorso viene ridisegnato all’inverso (Cremona-Milano), includendo Pandino come tappa intermedia. La prima CrePaMi era “una simpatica ammucchiata di ciclisti che parte da Cremona sosta a Pandino e arriva a Milano su strade sterrate o secondarie”. Si partecipava in coppia, pedalando preferibilmente su ciclocross singlespeed.

L’edizione 2023 celebra il decimo anno della CrePaMi che per l’occasione si presenta in due formati: il classico Cremona-Pandino-Milano da 110 km e il lungo da 232 km con partenza da Milano. L’abbiamo fatta in due, Pasquale (da qui in poi il Pasqua) ed io. In qualità di apprendisti sadici di pianure, abbiamo scelto il lungo.

Il Pasqua ha pedalato su una Focus Mares CX del 2012, telaio in carbonio, freni cantilever, io invece ho optato per una mtb Cannondale F-Si del 2014, telaio in carbonio e forca Lefty 2.0. 

Il vero mostro della CrePaMi è stato il tempo, ma non nel senso del meteo, il tempo nel senso della dilatazione spazio-temporale che ha governato la parte centrale del percorso. Un tempo in(de)finito in cui le varie tappe (Lodi, Cremona, Pandino) e i vari eventi (le forature, le pause alle fontane, l’apparizione del busto del senatore Pietro Vacchelli, i partecipanti incontrati e poi persi e poi incontrati di nuovo) sono ricordi che vagano come particelle in una nebulosa temporale.

Partenza

Dopo la colazione di rito a LSDB, formiamo uno sparuto gruppetto e partiamo intorno alle 5:45. Percorriamo i primi km ancora al buio e dopo una serie di strade deserte e semafori lampeggianti ci immettiamo nel primo tratto sterrato seguito poco dopo da una serie di sentieri in mezzo ai campi. Il sole era appena spuntato all’orizzonte e la luce che ci circondava sembrava quella di The Revenant quando Di Caprio si sveglia dopo aver dormito nel ventre del cavallo.

L’aria fresca del mattino

I campi, i canali e i rivoli d’acqua erano ricoperti da una nebbia bassissima. Eravamo immersi in uno scenario mistico e surreale. 

Proseguiamo alternando sterro e asfalto, il sole sorge e le ombre si allungano. Attraversiamo una lunga serie di piccoli centri: Melegnano, Dresano, Mulazzano, Quartiano, Galgagnano, fino ad arrivare sulle rive dell’Adda. Lì ci immettiamo in un single track che attraversa un bosco fitto, finito il quale registriamo la prima foratura di giornata. Il Pasqua, mentre pedalavamo nel gruppetto, finisce dentro una voragine e pizzica la camera posteriore. Il gruppetto non ci aspetta (ma è giusto così). Una volta terminata la riparazione, ripartiamo alla volta di Lodi, dove ci eravamo promessi una pausa per una  seconda colazione. Dopo un caffè e cornetto al bar della stazione, ripartiamo alla ricerca del gruppetto che riagganciamo in un punto indefinito del buco nero spazio-temporale che separa Lodi da Cremona. 

Il buco del Pasqua

Il Buco Nero

Questa sensazione di buco nero si protrae lungo tutto il resto del percorso, anche perché mi ero testardamente imposto di non voler visualizzare il chilometraggio sul mio Wahoo: avevo impostato una schermata che mostrava solo mappa, velocità istantanea e pendenza (che in realtà era un’impostazione vecchia che di solito uso in altre situazioni ma che alla CrePaMi era praticamente inutile). 

Il traliccio boulevard

Tra i vari effetti del buco nero c’era questa sensazione di dilatazione spaziale in cui qualsiasi distanza sembrava il doppio o il triplo di quello che era in realtà. Il tratto sterrato che ci ha portato a Cremona era un argine infinito costeggiato a destra dall’Adda e in seguito dal Po, e a sinistra da campi e da qualche boschetto isolato. Ogni tanto, da dietro di uno di questi boschetti spuntava un campanile che ci illudeva dell’imminente arrivo a Cremona. Ma puntualmente il campanile svaniva di lato, prolungando ulteriormente la permanenza su quel deserto lineare. 

L’argine maledetto aveva sfaldato il gruppetto originario e ormai pedalavamo in tre: il Pasqua, Enrico ed io. Al km 115 circa raggiungiamo Cremona e quasi ci perdiamo il ristoro a La Gare de Gars. Fortuna che Pigi era lì fuori a sbracciarsi, facendo segno di fermarci. Appena arrivati, tra uno stretching e l’altro, si consuma il primo vero dramma della giornata. Al confronto la sveglia alle 4, il non aver trovato il caffè alla partenza, la foratura del Pasqua, erano inezie di poco conto. 

Il Primo vero dramma

La deviazione che il Pasqua fece dal percorso della Parigi Roubaix Challenge del 2018 per andare alla ricerca di un kebab è ormai leggenda. È un caposaldo della storia dei Cicloidi e viene rievocato e tramandato di pedalata in pedalata. Al Pasqua potete togliere tutto durante un’uscita lunga in bici, tranne uno snack salato da assaporare lungo il percorso. Benintesi, non si tratta di uno snack qualsiasi da portarsi dietro (tipo un panino al prosciutto che poi vi si ammoscia e inumidisce nella tasca posteriore o nella borsa sottosella). Bensì uno snack da trovare lungo il percorso, in un bar, bettola, kebabbaro, pizzeria o qualsivoglia posto che commercializzi cibo non dolce.

Il ristoro a La Gare de Gars

Purtroppo non ho registrato con la GoPro la faccia del Pasqua quando ha scoperto che al ristoro a Cremona non c’era nemmeno l’ombra di un salato. Il ristoro era ricchissimo: cornetti e dolci, pane e marmellata, succo di frutta alla mela, banane, ottimo caffè in capsule, ma, purtroppo per il Pasqua, nemmeno l’ombra di un salato. Secondo me a un certo punto deve aver pensato di spalmare la pasta lavamani Cyclon su un Flauto Barilla. Oppure leccare il pavimento dove forse avrebbe potuto trovare dei cristalli di sale. 

Ma forse tutto questo era un segno del destino. Perché da quel momento in poi abbiamo trovato le energie per partire a bomba verso Pandino, dove:

  • avremmo trovato il secondo ristoro salato, con focaccia, salame e taleggio.
  • saremmo stati a circa -50 km all’arrivo. 

Sentivamo che arrivare a Pandino era come arrivare a casa.

Sweet Home Pandino

Più facile a dirsi che a farsi. Raggiungere Pandino è stata la vera agonia infinita. Ma andiamo con ordine. A La Gare de Gars il gruppetto si rimescola, e dopo aver lasciato la città, ci immettiamo su una serie di ciclabili sterrate che costeggiano il Naviglio Civico di Cremona prima e il Naviglio Pallavicino poi, fino alle Tombe Morte. Se già il nome CrePaMi non era abbastanza, le Tombe Morte non fanno altro che rincarare la dose poiché da lì inizia il martirio spirituale del canale Vacchelli.

L’apparizione del busto di Pietro Vacchelli

Disegnato con il righello nell’800, il canale è praticamente una linea lunga circa 30 km spezzata da tante curve quante sono le dita di una mano. Pedalarci accanto è una delle cose più monotone che possiate immaginare, una sensazione che, alla lunga, porta ad uno stato di completo annullamento mentale. Metteteci pure che a un certo punto il Team Ridiculous ha cominciato a menare a tal punto che il gruppo è esploso, e di nuovo siamo rimasti in due (il Pasqua ed io) a condividere quel momento di vuoto spazio-temporale. L’unica variazione sul tema è stata Crema, che ha interrotto brevemente la visuale di acqua-a-sinistra, sterro-al-centro, alberi-a-destra che ci ha accompagnato per 30 km. A Crema realizziamo che mancavano circa 15 km a Pandino. Il morale si rialza e a testa bassa arriviamo al tanto agognato ristoro salato.

La Scuola Casearia di Pandino

Mentre a Cremona abbiamo quasi rischiato di saltare il ristoro perché probabilmente eravamo tutti fissi a guardare la traccia come nel Tumblr dedicato a Chris Froome Looking at Stems, qui a Pandino la traccia ci porta praticamente dentro il ristoro, con tanto di cartello all’ingresso. Ad accoglierci un comitato degno delle visite delle alte cariche: i docenti e gli studenti della Scuola Casearia di Pandino che avevano preparato una degustazione di formaggi fatti da loro, accompagnati da salame, mostarde, focaccia e vino. La presenza del salato sul palato ha riattivato delle sinapsi che ormai erano state annientate dal Canale Vacchelli. Mancano poco più di 50 km all’arrivo. Il grosso è fatto. Rimontiamo in sella carichissimi e ripartiamo alla volta di Milano.

Il ristoro alla Scuola Casearia di Pandino

Meno cinquanta

Da Pandino ci immettiamo nell’ultimo tratto del Canale Vacchelli fino alle rive dell’Adda, dove imbocchiamo un single track scorrevolissimo che ci porta di nuovo a Galgagnano. Da lì, ripercorriamo in buona sostanza un percorso simile a quello dell’andata che, costeggiando il Lambro, ci porta a S. Donato Milanese, poi Rogoredo (dove ci perdiamo nel sottopassaggio della stazione ferroviaria) e infine Milano. Gli ultimi 8 km sono uno shock. Dopo 200 e rotti km di niente, in cui le uniche auto che abbiamo incontrato erano quelle che giravano sornione la domenica mattina nei centri abitati che abbiamo attraversato. Il rientro la domenica pomeriggio nel traffico milanese è stato un pugno in faccia. L’arrivo a La Stazione delle Biciclette è stato come approdare su un’isola felice, accolti a suon di birre, pane e salame.

L’arrivo in Barona a La Stazione delle Biciclette

Grazie CrePaMi, è stato bello, ci vediamo nel 2032 (forse).

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